Matthias Solerio: “Il mio sogno è giocare a San Siro ed indossare la maglia del Milan”

Matthias Solerio Lumezzane Giana 0-1 Lega Pro - www.ilovegiana.it
  • 10 Marzo 2016
  • Redazione
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Il difensore della Giana Erminio classe 1992 Matthias Solerio ha rilasciato un’interessante intervista ai colleghi del sito agentianonimi.com, raccontando dei segreti per conquistare successi nelle categorie dilettantistiche, i cambiamenti nello spogliatoio dopo l’arrivo di Gasbarroni, Bruno e Polenghi, la squadra dove sognerebbe di giocare, le sue gioie, ed un pensiero sui ragazzi della Berretti.

Il nostro segreto? Il gruppo. Ognuno con le sue potenzialità. Il gruppo in una squadra è fondamentale. Fin dall’annata in promozione uscivamo ogni sera; personalmente più di una semplice squadra di calcio ci considero una compagnia di amici che condivide la stessa passione. L’entrata in spogliatotio di giocatori del calibro di Gasbarroni, Bruno e Polenghi fa solo crescere. Grazie ai loro consigli siamo riusciti a crescere molto tatticamente e soprattutto mentalmente. La nostra non è una squadra ma una famiglia. Anche fra compagni di ruolo fra cui dovrebbe esserci competizione, c’è rispetto e determinazione nel crescere insieme”.

Dalla Promozione alla Serie D non ho notato differenza, ma in Lega Pro è cambiato molto; tatticamente c’è un abisso! Anche i giocatori sono di un altro livello, ricordo la stagione scorsa Cogliati, nella partita contro il Pavia mi aveva fatto girare la testa. Per fortuna adesso gioca con noi. Ogni tanto ha il vizio di giocare da solo ma potrebbe militare tranquillamente in una categoria superiore. Per quanto mi riguarda sono felice di essermi trovato ad affrontare questo salto, queste difficoltà

Sono un ragazzo molto offensivo. La scorsa stagione dovevo crescere difensivamente e quest’anno l’ho fatto. Devo capire quando è il momento di spingere ma ringrazio Polenghi che avendo ambizioni da allenatore in futuro mi insegna moltissimo già da adesso. Non avrei mai pensato di trovarmi in Lega Pro a giocare con Gasbarroni che quando giocava al Torino lo avevo al fantacalcio”.

A livello personale è un onore indossare la fascia di capitano, ma penso che sia solo un simbolo. In squadra servono 24 capitani, dal primo all’ultimo siamo tutti capitani anche se indossare quella fascia era un mio sogno”.

Come non ricordare l’amichevole della scorsa estate contro l’Atalanta a Clusone (Bergamo): “Stringere la mano a Denis è stato un momento bellissimo! Per non parlare delle figurine Panini: forse non ho ancora realizzato ma siamo sull’album.. è proprio un sogno!

Ma… “Il mio vero sogno è giocare a San Siro ed indossare la maglia del Milan! Il primo amore, il primo tatauggio. Mi piazzerei in attacco, il mio vecchio ruolo. Oltretutto Paolo Maldini è il mio idolo“.

Sul suo passaggio da attaccante a terzino spiega: “Nell’estate del mio passaggio da Juniores a prima squadra (in promozione), il capitano tornava tardi dalle vacanze ed il mister mi provò in quel ruolo senza più togliermi. Ad Albè è bastato assistere ad un mio solo allenamento per capire che voleva puntare su di me. Mi vivo questa realtà pensando di non essere mai arrivato ma sempre pensando di essere ad un punto di partenza. Gioco a calcio dall’età di sei anni, ho un obbiettivo da raggiungere ed al momento ne ho raggiunto solo un pezzo. Costanza, determinazione ed anche un pò di fortuna. Finite le superiori mi sono preso un anno sabbatico per cercare di capire le mie reali intenzioni con questo sport. Era l’anno della Serie D, inutile dire com’è finito. Ho la fortuna di fare un lavoro che non chiamo lavoro, un lavoro che amo; i veri lavori sono altri, sono quelli di chi fatica dalla mattina alla sera”.

Sulle voci di un eventuale passaggio al Genoa nell’anno di serie D svela: “C’erano state delle voci è vero, ma non c’è mai stato niente di concreto. Questa situazione per me è stimolante: non mi ha comprato il Genoa? Vorrà dire che devo fare di più, migliorare ancora, mi dico. L’importante è non fare mai il passo più lungo della gamba anche se qualora si presentassero opportunità penso sia giusto coglierle”.

Una considerazione sul capitano della Roma; Francesco Totti: “Francesco è fortissimo, alla playstation è sempre titolare con me, è un campione. Trovo giusto che l’allenatore faccia le sue scelte ma uno come Totti, nella Serie A di adesso lo farei giocare di più. Dietro questa situazione però penso ci sia la società anche se un giocatore come lui merita riconoscenza”.

Sui tifosi organizzati della compagine della Martesana, gli Highlanders confessa: “I nostri tifosi sono fantastici. Gli Highlanders 1909 poi, ci seguono sempre. Mi è venuta la pelle d’oca quando li ho visti in Sardegna la scorsa stagione. Ci seguono ovunque, persone così attaccate a questa maglietta sono solo da rispettare. Noi in campo diamo sempre tutto anche per loro; dobbiamo continuare a giocare partita dopo partita sempre allo stesso modo e con la stessa determinazione e le soddisfazioni arriveranno. Soprattutto grazie ad un allenatore come Cesare Albè. Non possiamo dirgli niente. A livello umanistico poi, è il migliore! E’ stato lui a volermi fortemente dopo avermi visto sul campo in un solo allenamento, è un allenatore eccezionale e forse per me, qualcosa di più. Quasi un secondo papà. Se oggi siamo qui, oltre che merito del presidente è anche merito suo che con il lavoro sul campo, day by day, ci ha portato fino a qui”.

Sui giovani della Berretti precisa: “Sono tutti molto bravi, ma il mio preferito è Marco Costa (io però lo chiamo dieghito), arriva dal Monza e fa il difensore centrale. Molto intelligente, penso abbia le potenzialità per fare il calciatore. Insieme a lui dico Brambilla che nonostante il fisico non proprio imponente è un passo avanti come intelligenza calcistica. Devastante, anche se come ho detto si allenano sempre tutti al massimo. Io punto sempre in alto e con il sacrificio ed il lavoro spero di poter migliorare ancora. I ringraziamenti? Tutti per mio papà e le altre persone che mi allenavano al Bussero (la mia precedente squadra) dove giocavo con mio fratello, che ha avuto molta sfortuna: giocava al Milan fino ai 17 anni ma i due infortuni al ginocchio gli sono stati fatali. In questo momento sarebbe dovuto essere più in alto del mio livello”.

Sui bambini che lo fermano per strada sorride: “Amo i bambini, lì ho allenati per tre anni e se potessi farei l’animatore nel tempo libero. Stare con i bambini trovo sia una cosa bellissima. Spesso mi capita addirittura che qualche genitore mi dica: scusate se vi disturbiamo facendovi firmare e perdere tempo. scusate di cosa, chiedo io? Per me è un onore e se faccio felice un bambino, anche io sono felice”.

Infine, racconta le sue gioie: “La prima gioia sono stati i cinque minuti prima che avessimo la certezza di aver vinto il campionato ed essere quindi promossi. Stavamo aspettando il risultato finale dell’altro campo.. ero sdraiato a pregare mia nonna. Aiutami, gli dicevo.. Appena è arrivata la notizia sono scoppiato in un pianto di gioia liberatorio. La seconda emozione è il mio primo gol nel professionismo. Non so ancora come ho fatto. La terza ed ultima gioia è la stretta di mano a Denis: non pensavo sarebbe mai successo, è stata un emozione bellissima che non dimenticherò!”

 

Servizio a cura di Davide Villa

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